Non ci siamo. La “lunga marcia” per la candidatura di Roma a ospitare l’Expo nel 2030 parte col piede sbagliato. E se zoppichiamo già adesso, alla seconda tappa, figuriamoci fra otto anni, nei sei mesi dell’evento. Il motivo di maggior contrasto è una sorta di scollamento tra due immagini: quella futura dell’Esposizione universale, con le idee, i progetti, la nostra storia, la cultura millenaria dell’inclusione delle genti nel respiro della Città Eterna (e fin qui, poco da dire); e la situazione di fatto, l’effettiva realtà di una metropoli – se non proprio allo sbando – sicuramente in crisi: su problemi di vivibilità, rispetto, trasporti, sanità, igiene, ambiente, criminalità. Ma proviamo a ragionare con ordine e calma.
C’è stata a Parigi una riunione preliminare, che ha fatto seguito alla prima presentazione delle candidature, avvenuta il 14 dicembre . Erano cinque le città ma l’Unione Sovietica ha ritirato Mosca dal lotto delle concorrenti e l’Ucraina ha quanto meno “sospeso” Odessa, dove i problemi oggi sono ben altri. Con Roma sono rimaste in lizza Busan (grande porto industriale della Corea del Sud) e Ryad, capitale dell’Arabia Saudita e nostra principale avversaria. C’è tempo fino al 7 settembre per la presentazione dei “dossier di candidatura”. I cui contenuti verranno soppesati, valutati come fattibilità e infine verificati in loco per accertare che non siano un libro dei sogni. Il che vuol dire che il prossimo inverno le tre città rimaste in lizza subiranno verifiche ispettive molto accurate. “Ci faranno le pulci”, ha detto l’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente del comitato organizzatore. Volendo estendere il tema animalesco dei controlli, si potrebbe cominciare da stazze via via maggiori: topi, gabbiani, cinghiali…
La decisione ci sarà tra ottobre e novembre 2023. Ma è completamente sbagliato aspettare quel giorno per darsi da fare. Vanno benissimo finora (a parte piccole, inevitabili smagliature) le presentazioni, gli spettacolari filmati su una città-museo d’arte come Roma, il ripetere slogan e citazioni sulla cultura millenaria. Ma quello che serviva già da ieri doveva essere la prova che la città sta cambiando, che vuole scrollarsi di dosso una secolare sopportazione del malessere, della noncuranza suicida, del malaffare, del “chissenefrega” che rovina tutto.
E invece basta aprire un giornale (tanto per fare un esempio, le pagine di Cronaca di Roma del Corriere della Sera) e troviamo: 2.500 tonnellate di rifiuti che, dopo l’incendio alla discarica di Malagrotta, sono ancora da smaltire; cade un grosso pino in viale Mazzini, danneggiate due auto in sosta; signora con frattura esposta, codice rosso al pronto soccorso del San Camillo, 18 ore di attesa con un morto accanto; totale sporcizia nelle zone della movida; e infine la perla finale a opera dell’assessore all’Ambiente Stefano Marin, autore dell’invito ai cittadini della prima Circoscrizione, quella di Roma Centro:“Tenete i rifiuti in casa più a lungo possibile, le temperature si alzano e l’azienda non può gestire l’ingombro del materiale”.
Vogliamo parlare dei trasporti o del traffico? Della rabbia che esplode sul Raccordo anulare, un anello che doveva essere di scorrimento e che invece sta diventando una trappola quotidiana per gli automobilisti? Problema recentemente aggravato da cinque-sei ragazzi malconsigliati che protestano contro i danni all’ambiente, stendendosi sull’asfalto e bloccando una circolazione di per sé già infernale…Certo, quel Gra che sarebbe una delle vie preferenziali per andare nel quadrante orientale della città, il territorio prescelto per ospitare l’Expo. Si pensava di arrivarci prolungando la linea Termini-Giardinetti, oggi servita da sei trenini del 1927. La Soprintendenza ha bocciato il progetto: questa “metro G” cambierebbe lo scartamento dei binari e poi non vanno assolutamente toccate le Mura Aureliane o le antiche ville romane che ci sono nel tragitto. Sono sacri i vincoli archeologici, oggi come nel 2025 (Anno Santo) o 2030 (Expo eventuale).
Torniamo a Parigi. Il Fatto quotidiano ha titolato polemicamente sul sindaco rimasto a casa
mentre vengono imbarcati embedded tre-quattro giornalisti delle principali testate (leggi pure, “coccolati e spesati di tutto, vitto, alloggio e viaggio”). Sommando le copie giornaliere vendute nelle edicole romane difficilmente si superano – se ci limitiamo a conteggiare appunto testate embedded – le 50 mila copie. Numeri che poco si conciliano col presupposto che occorre sensibilizzare tutta l’opinione pubblica all’evento Expo; anzi, è proprio per questo – spiegano ancora gli organizzatori – che ci saranno al riguardo concertoni “promozionali” ed esibizioni di Claudio Baglioni e del pianista Danilo Rea. Mah. Più che concentrare l’attenzione alla Cavea dell’Auditorium dovremmo non inimicarci le cancellerie delle nazioni che voteranno (un paese, un voto). Pare che Ryad abbia già in tasca una ventina di preferenze; noi siamo a sei…
Intanto, spopola sui social un filmato realizzato ieri notte, poco dopo le 23, nel quartiere residenziale della Camilluccia: un gruppo di cinghiali sta banchettando in mezzo alla strada dopo aver rovesciato un cassonetto dei rifiuti. La strada è proprio via dei Giornalisti. Facile la battuta sui social: “Giornalisti? Quelli che stanno a Parigi coi soldi del Comitato Roma Expo?”. Oppure, a proposito delle future ispezioni nel quadrante est: “Dove? Tor Bella Monaca? Ma lo sanno che per entrare dovranno paga’ er pizzo ai Casamonica…