
A vederlo con gli occhi disillusi di oggi, il progetto della rigenerazione urbana della periferia orientale di Roma appare come un libro dei sogni. Un esempio: rendere navigabile l’Aniene. C’erano riusciti a malapena gli imperatori, spinti dalla necessità di portare comodamente nell’urbe tutto il travertino per costruire il Colosseo. Ci riprovarono i papi ai tempi della Fabbrica di San Pietro. Ma ogni volta le piene improvvise che tormentavano gli argini, le paludi, il regime torrentizio di questo affluente facevano naufragare l’idea di una stabile navigazione. E oggi quell’acqua sporca è percorsa soltanto da appassionati di rafting per l’emozione di alcune cascatelle e qualche gorgo improvviso.
E ancora: prolungare la Linea B della metropolitana, oltre Ponte Mammolo e il capolinea di Rebibbia, per recuperare il territorio delle Valli dell’Aniene, dove il mito vuole si fosse accampato Annibale. Oggi, chi esce dalla metro si imbatte in un murale di sette metri per cinque, opera dell’artista Zerocalcare che si è ispirato al ritrovamento nell’area attigua di Casal de’ Pazzi di alcune zanne di mammuth. “Un elemento di orgoglio della comunità – dice lo street artist – da contrapporre al carcere che dà il nome al quartiere”. Un orgoglio che si compendia nella frase sottostante al murale: “Qui ci manca tutto, non ci serve niente”. Nemmeno l’Expo? Peccato. Zerocalcare diventerebbe “er Bansky del noantri”…