La mascotte é tornare all’infanzia?

Le vedi sgambettare lungo i viali, assediano i bambini. Cellulari alla mano, tutti i visitatori le hanno molto a benvolere (a noi facevano sinceramente antipatia…). Sono le mascotte di Expo Dubai: due fratelli emiratini e tre utili robot-guardiani. Latifa è una bambina curiosa che sogna di diventare uno dei più grandi inventori del mondo. Suo fratello Rashid, nove anni, ama l’ambiente, la poesia e il disegno. C’è anche una specie di tutore chiamato Salama, ha l’aspetto di un albero del deserto. Il gruppetto è guidato da tre robot (Opti, Alif e Terra) che rappresentano rispettivamente i tre sottotemi di Opportunità, Mobilità e Sostenibilità di Expo 2020 Dubai. E vanno tutti insieme all’emozionante scoperta delle invenzioni che cambiano il mondo grazie alle esposizioni mondiali. Otto mesi per realizzarli, con un team di specialisti attentissimi al politicamente corretto a non caratterizzarli troppo per etnia, aspetto, abito e religione.

Troppo infantilismo in questa scelta? E allora andiamo a rivedere quello che, sullo stesso tema, fu realizzato alla Expo di Milano 2015. La mascotte si chiamava Foody, sorridente e coloratissimo, un metro e 90 di altezza. Era in realtà una specie andropomorfa derivata da Arcimboldo: undici personaggi-pupazzi, ispirati dal mondo della frutta e degli ortaggi, componevano il volto della  dodicesima figura complessiva, Foody per l’appunto. Furono i bambini a scegliere i nomi dei pupazzi e quella lista fu probabilmente la cosa più riuscita (e suggerita dai grandi): Josephine la banana, Piera la pera, Rodolfo il fico, Gury l’anguria, Manghy il mango, Pomina la mela, Rap Brothers i rapanelli, Guagliò l’aglio, Arabella l’arancia, Max il mais, Chicca la melagrana e Julienne la zucchina. Provenivano da tutto il mondo, ognuno con la sua personalità, simboleggiando la diversità e l’unione. Furono gli interpreti di una serie animata della Disney,  Poste italiane li immortalò in un francobollo. Tutti i giorni i pupazzi-mascotte sfilarono in parata lungo il viale centrale dell’Expo. Per l’esperto milanese di campagne pubblicitarie Oliviero Toscani, Foody la mascotte fu un prodotto grafico “vergognoso”.

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